EDITORIALE – Il periodo Pasquale fornisce una molteplicità di spunti di approfondimento. L’imminente arrivo della stagione del sole, il clima che inizia ad addolcirsi, giornate più lunghe. Più luce dunque. La Pasqua porta con sè profondi significati, è una alternanza di celebrazioni rievocative che portano fede, tradizione, emozioni e significati che ogni anno devono servire a risvegliare coscienze. Si passa dal “dolore” della Passione di Cristo, quindi la sofferenza dell’uomo condannato a portare la croce, a sopportare scherno e ferite, umiliazioni pubbliche, dolore.
La Coena Domini, che rievoca il tradimento di Giuda nel contempo la fratellanza degli apostoli, l’umiltà del Cristo nel lavare loro i piedi che la Chiesa cattolica celebra nel giovedì Santo. Poi il dolore della madre, Maria Addolorata che piange il figlio morto. Nei sette dolori, Maria pena perfino nel girare il ciglio, tanto a significare lo sgomento rappresentato. Lutto, colore viola, astensione dalle carni, digiuno. Poi la Pasqua sfocia nella gioia, nella luce che arriva dal mistero della Resurrezione. Arriva la notte in cui Cristo ha vinto la morte. Un dogma fondamentale nella fede cristiana.
La parola “Pasqua” ha un’origine molto antica e interessante, che affonda le radici nella tradizione ebraica. Deriva dal latino “Pascha”, che a sua volta viene dal greco “Πάσχα” (Páskha) ma l’origine più profonda è ebraica: “Pèsach” (פסח), che significa “passaggio”.
Nella tradizione ebraica, “Pèsach” si riferisce al passaggio dell’angelo della morte che, durante la decima piaga d’Egitto, risparmiò le case degli ebrei segnate col sangue dell’agnello (Esodo 12). È la celebrazione della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù in Egitto.
Il termine è stato adottato dal cristianesimo per indicare la risurrezione di Gesù Cristo, che secondo i Vangeli avviene proprio durante il periodo della Pasqua ebraica. Anche qui il concetto di “passaggio” si conserva: è il passaggio dalla morte alla vita. Dunque Pasqua significa “passaggio”, ed è legata all’idea di liberazione, rinnovamento e rinascita, sia nella cultura ebraica che in quella cristiana.
Ora siamo nell’ottava di Pasqua, ossia il periodo di otto giorni che inizia da Pasqua e termina la domenica successiva (in Albis). Questo periodo è un tempo di gioia e celebrazione della resurrezione di Cristo, con un significato particolare per la comunità cristiana.
Il Lunedì dell’Angelo ha portato il transito alla dimensione eterna del Sommo Pontefice, caratterizzando con un velo di lutto tutto il periodo dell’ottava. Ed è proprio in questo tempo speciale nella liturgia cristiana, che sembra confliggere la luce della Resurrezione con la morte che inesorabile arriva quando nessuno può aspettarlo. (Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà – Mt 25,1-13).
L’0ttava di Pasqua corrente ci pone dunque di fronte a due condizioni diametralmente 0pposte: il buio, ossia il nero della morte e la luce, ossia il bianco dell’eternità. Probabilmente la morte stessa dovremmo viverla intesa come luce eterna e non come buio delle tenebre. Termina il percorso terreno, il corpo resta in disfacimento e qualcosa di noi transita in un’altra dimensione. Anche qui siamo di fronte ad un dogma, ed entra in discussione la fede. Da sempre il dilemma tra bianco e nero, il saper/voler trovare un punto di mezzo diventa una ardua impresa per l’uomo che cerca con l’intelligenza risposte talvolta anche filosofiche e non basate su fatti reali ma di crescita interiore.
Durante quest’Ottava, ogni giorno dovrebbe essere vissuto come se fosse ancora Pasqua. È un tempo in cui si contempla il mistero della Resurrezione non solo con il cuore colmo di gratitudine, ma anche con la mente aperta alla speranza. Le letture della Messa raccontano gli incontri con il Risorto: da Maria di Magdala nel giardino, ai discepoli di Emmaus, fino a Tommaso che tocca le ferite di Cristo. Sono momenti di profonda umanità e rivelazione.
Anche se caratterizzati dal lutto per il decesso del Papa 1uesti giorni ci invitano a portare la luce pasquale nella vita di tutti i giorni, anche nelle piccole cose: un gesto gentile, una parola di pace, un perdono dato o ricevuto. È una settimana per lasciarsi trasformare dalla bellezza della vita che vince la morte, per camminare con rinnovata fiducia.
E poi, a chiusura dell’Ottava, arriva la Domenica della Divina Misericordia, una festa introdotta da San Giovanni Paolo II, che ci ricorda come la Risurrezione sia anche la più grande rivelazione dell’amore misericordioso di Dio per ciascuno di noi.
Ed è da questi elementi che noi possiamo trarre spunti di riflessione. La Pasqua è luce dunque, ed un rinnovare di predisposizione interiore ad esserne portatori.
Siamo noi a poter/dover decidere se e quanto brillare. Come persone che hanno avuto il dono di essere in questo mondo. Questo periodo deve spronarci dunque a splendere di luce propria, emanata dall’essere rispettosi del prossimo, solidali e portatori dei valori fondamentali della vita.
Sempre e comunque non solo nei periodi di festività o in determinate circostanze. Siamo dotati della capacità di poter scegliere, quindi il libero arbitrio ci consente di conoscere meglio il nostro interiore, migliorarlo e perfezionarlo per una evoluzione di crescita che non è solo età, ma esperienza.