Editoriali

La festa del lavoro da ritrovare

“il lavoro è un bene supremo ed è dovere di una società giusta e consapevole proteggerne il valore”

EDITORIALE – Il primo maggio è da sempre un giorno di festa particolarmente atteso. E che di fatto annuncia un pò l’ingresso ufficiale della bella stagione. Giornata ideale per le gite fuoriporta, spostamenti per viverla all’aria aperta insieme ad amici e/o familiari e staccare un pò la spina dalla routine quotidiana. Maggetto con il bel tempo è un appuntamento annuale con quella che ancora oggi è chiamata “festa del lavoro”. 

Un lavoro da ritrovare però per moltissime persone, che nella molteplicità dei settori produttivi e commerciali sono interessate a doverlo fare. Aumentano a dismisura le serrande chiuse, e non solo nei piccoli centri, basta fare un giro nella bella Via Veneto a Roma per constatarne il fenomeno molto amaro. La chiusura di una serranda è una sconfitta di un qualcosa, una falla del sistema. In pochi casi si tratta di reale volontà o decisioni di gestori. Attività storiche si tramandano di generazione in generazione. Questo nel commercio, ma se si osserva il comparto produttivo, aumentano sempre di più gli stabilimenti in dismissione, le casse integrazioni. Quindi licenziamenti in tronco e poi con la consolazione della Naspi, che però dura solo due anni. E se le condizioni non lo consentono ritrovare lavoro non è certo cosa facile. Molte persone cadono in depressione per questi motivi, famiglie in reali difficoltà vissute con dignità e spesso lasciate al loro destino da un sistema divenuto formalmente un pò troppo celebrativo e poco efficace in termini di individuazione delle criticità a livello preventivo per evitare l’insorgenza di determinate problematiche.

E come non pensare a Satnam Singh, il  bracciante indiano “gettato” sul ciglio della sua casa da un “padrone” senza cuore. E’ morto al San Camillo di Roma dopo un ricovero per aver perso un arto durante il lavoro nelle campagne di Latina. Il macchinario con cui stava lavorando gli ha tranciato il braccio destro e schiacciato entrambe le gambe. I datori di lavoro, i “padroni”, non lo hanno soccorso: Satnam Singh è stato abbandonato sulla strada a poca distanza dalla sua abitazione, gravemente ferito. Il suo arto lasciato su una cassetta degli ortaggi. Cronaca da far accapponare la pelle, e che pone la sicurezza alla base di quel lavoro che ancora c’è.  Nei primi due mesi del 2025 le morti sul lavoro, in Italia, sono state 138. Nel 2024, 1.090, gli infortuni 588.481, ogni giorno si verificano 3 morti sul lavoro e 1.601 infortuni.

E dunque licenziamenti, precarietà, insicurezza occupazionale, non fanno festa. Rispetto agli anni del boom economico, ora si vive un boom mediatico molto più individualista, meno portato alla socialità. Un tempo il problema di uno era il problema di tutti, e questo ha costituito forza nel tempo. Oggi si vive un pò troppo nell’indifferenza, finto buonismo, belle parole ma poi… ognuno torna a fare i conti con i suoi problemi del quotidiano, ed il sistema troppo spesso non corre in aiuto a nessuno. Ma chi è poi questo sistema? Non è una entità sovrannaturale, siamo noi parte del sistema, tasselli di un mosaico che è scomposto e che nel corso degli ultimi tempi ha perso un orientamento e va ripristinato. Ognuno di noi nella sua individualità può fare qualcosa, e chi può faccia.

Il dialogo, le capacità, il senso di aiuto reciproco senza necessariamente doverci essere qualcosa in cambio, può e deve far ritrovare un lavoro che non c’è.

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